statistiche contatore

Share

Jane Goodall, l’ultima voce della foresta: addio alla donna che parlava con gli scimpanzé

IMG 7823

C’è un silenzio insolito nella foresta di Gombe, in Tanzania. Gli echi dei richiami degli scimpanzé sembrano oggi più deboli, quasi in lutto. Jane Goodall, la donna che aveva imparato a comprendere il loro linguaggio, se n’è andata a 91 anni, lasciando dietro di sé un mondo più consapevole, ma anche più fragile. Con la sua morte, scompare non solo una scienziata, ma una voce di coscienza, una figura che per oltre sessant’anni ha difeso la natura come fosse una parte della propria famiglia.

Una ragazza con un sogno e un taccuino

Tutto iniziò nel 1960, quando una giovane inglese arrivò in Africa con un taccuino, un binocolo e una curiosità che nessuna università avrebbe potuto insegnarle. Jane Goodall non aveva un dottorato, né esperienza accademica. Ma aveva un sogno: conoscere gli animali non da dietro una gabbia, ma nel loro mondo, osservandoli da vicino.

Fu Louis Leakey, celebre antropologo, a intuirne il talento. Le affidò un compito che molti consideravano impossibile: vivere tra gli scimpanzé del Parco Nazionale di Gombe, sulle rive del Lago Tanganica, e capire davvero chi fossero.

La giovane Jane passò settimane senza avvicinarsi a loro, solo osservando da lontano, fino a quando un giorno un maschio adulto – che lei chiamò David Greybeard – accettò la sua presenza. Fu l’inizio di un legame destinato a cambiare per sempre la storia della scienza.

La scoperta che cambiò tutto

Un giorno del 1960, Jane vide qualcosa che nessuno aveva mai raccontato prima: David Greybeard spezzava un ramo, lo scortecciava e lo usava come bastoncino per estrarre termiti da un formicaio.

Fino ad allora, la scienza sosteneva che solo l’uomo fosse in grado di costruire e utilizzare strumenti. La scoperta di Jane Goodall fece crollare quel dogma.

Quando scrisse a Leakey per raccontarglielo, lui rispose con una frase rimasta nella storia:

“Ora dobbiamo ridefinire la parola uomo, o ridefinire la parola strumento.”

Da quel momento, Jane Goodall non fu più una semplice osservatrice: divenne una pioniera. La sua ricerca dimostrò che gli scimpanzé possiedono emozioni, intelligenza, compassione e persino forme di guerra tribale. La barriera tra “noi” e “loro” si era incrinata per sempre.

La scienziata che rifiutò la freddezza della scienza

A differenza di molti colleghi, Jane Goodall rifiutò il linguaggio asettico dei rapporti scientifici. Non chiamava gli animali con numeri, ma con nomi: Flo, Fifi, Goliath, Mike. Parlava di loro come individui, con personalità e sentimenti distinti.

Per questo, la comunità accademica all’inizio la guardò con sospetto. Ma col tempo, la sua sensibilità divenne la chiave per un nuovo modo di fare scienza: più umano, più empatico.

Negli anni ’70, le sue ricerche si trasformarono in una missione più ampia. Iniziò a viaggiare in tutto il mondo per difendere gli animali dalla deforestazione, dalla caccia e dagli esperimenti. Fondò il Jane Goodall Institute, attivo oggi in più di 30 paesi, e un programma educativo, Roots & Shoots, che coinvolge milioni di giovani in progetti ambientali.

La donna che fece parlare il mondo degli animali

Jane Goodall non era solo una ricercatrice, ma una narratrice straordinaria. I suoi documentari, i libri e le conferenze hanno ispirato generazioni. Quando parlava, la sua voce era calma ma determinata, come quella di una persona che aveva visto la bellezza e la brutalità del mondo naturale e aveva scelto di non arrendersi.

«Ogni singolo individuo può fare la differenza», ripeteva.

Era una frase semplice, ma diventò il suo credo.

Negli anni, ha incontrato leader politici, attivisti e persino Papi, cercando sempre di trasmettere lo stesso messaggio: la natura non ci appartiene, noi apparteniamo a lei.

Un’icona globale fino all’ultimo giorno

Anche negli ultimi anni, Jane Goodall non aveva mai smesso di viaggiare. A più di novant’anni continuava a tenere conferenze, spesso collegandosi online, parlando ai giovani con una lucidità e una passione che sembravano infinite.

Quando le chiesero se avesse paura della morte, rispose con un sorriso:

«Io non morirò davvero, perché continuerò a vivere in ogni giovane che deciderà di proteggere la Terra».

Il suo corpo si è spento il 1° ottobre 2025, ma la sua eredità è più viva che mai. Le organizzazioni ambientaliste di tutto il mondo hanno dedicato messaggi di cordoglio e gratitudine. In Tanzania, i ranger del Parco di Gombe hanno organizzato una cerimonia simbolica: per un giorno intero, nessuno ha disturbato gli scimpanzé. Era il loro modo di dire addio.

Una lezione di umanità per un mondo distratto

La storia di Jane Goodall non parla solo di animali, ma di umanità. Nel suo sguardo dolce e nel suo rispetto profondo per ogni forma di vita, c’era la risposta a molte delle crisi del nostro tempo: il cambiamento climatico, l’indifferenza, la violenza verso la natura.

Jane ci ha insegnato che comprendere un altro essere vivente non significa dominarlo, ma riconoscere la sua libertà.

E che la vera intelligenza non è quella che costruisce strumenti, ma quella che sa convivere.

Oggi, mentre i TG americani e le redazioni di tutto il mondo raccontano la sua scomparsa, resta una sensazione struggente: quella di aver perso un punto di riferimento morale in un’epoca che sembra aver dimenticato il rispetto per la Terra.

Il futuro che Jane ci lascia in eredità

Il Jane Goodall Institute continua la sua missione con oltre cento progetti attivi in Africa, America ed Europa. Le sue ricerche sono oggi la base di gran parte dell’etologia moderna. Ma forse il suo lascito più grande non è scientifico, bensì spirituale: un invito a guardare la natura non come una risorsa, ma come una relazione.

In un’intervista del 2022, disse:

«Ogni giorno dovremmo svegliarci e pensare: cosa posso fare oggi per rendere il mondo un po’ migliore? Non serve essere eroi, serve solo cominciare.»

Parole semplici, ma oggi più potenti che mai.

Conclusione: il silenzio nella foresta

Mentre il mondo la saluta, nei boschi dell’Africa il vento soffia tra gli alberi come un sussurro. Gli scimpanzé di Gombe, inconsapevoli di ciò che accade nel mondo degli uomini, continuano a vivere come lei li aveva osservati sessant’anni fa.

Forse, da qualche parte, Jane Goodall li guarda ancora — seduta su una roccia, con il taccuino sulle ginocchia, il sorriso gentile e gli occhi pieni di meraviglia.

E forse, in quel silenzio, la foresta le sta dicendo grazie.

You may also like